I am inspired by nature

Basil: un irraggiungibile sogno chiamato biotopo.

L’immenso bacino amazzonico mi ha da sempre affascinato sia perché rappresenta un grande mondo che, fortunatamente in alcuni luoghi, rimane ancora inesplorato, e soprattutto perché vi si può ancora trovare un’impressionante biodiversità e centinaia di micro ambienti diversi.
La biocenosi (flora e fauna) convivono in quelli che, di fatto, rappresentano il bacino idrografico e la foresta pluviale più vasti del mondo.
Morfologicamente l’Amazzonia è costituita da una pianura alluvionale compresa tra il massiccio della Guyana a nord, l’oceano Atlantico ad est, l’altopiano del Brasile a sud-est e la cordigliera delle Ande ad ovest.
La sua superficie, di circa 6.000.000 km2, appartiene per la maggior parte al vasto Brasile.
Il Rio delle Amazzoni ha origine tra le Ande peruviane, a circa 5000 metri d’altitudine, precisamente sulle pendici del Monte Huagro e dopo aver attraversato ben sei Paesi tra i quali Perù, Colombia e Brasile si riversa nell’Oceano Atlantico dando origine, nel suo gigantesco estuario, anche ad un altro insieme di biotopi molto affascinanti ed interessanti: le foreste Tidali.
La pendenza tra il pedemonte andino e l’oceano è comunque minimo, ad esempio, ad Iquitos, località situata a circa 2500 km dalla foce, il grande fiume scorre alla quota di appena 106 metri sul livello del mare. Questa situazione porta a difficoltà nei processi di drenaggio ed è anche per questo motivo che alcune zone rimangono periodicamente sommerse dalle acque dei fiumi che, in corrispondenza della stagione delle piogge, si gonfiano e straripano. 
La presenza e la distribuzione delle precipitazioni dividono l’anno in due stagioni, quella delle piogge con punte sino a 300 cm d’acqua caduta e la stagione secca, queste poi variano secondo la posizione geografica, infatti, gli affluenti settentrionali del Rio delle Amazzoni incominciano a crescere di livello attorno a marzo-aprile mentre quelli meridionali attorno a novembre.
Durante il periodo delle piogge, quindi, i corsi d’acqua aumentano di molto il loro livello, in alcune zone anche di 10/15 metri dando luogo alla foresta inondata che a seconda del tipo d'acqua interessata viene nominata “Varzèa” o “Igapò”. Oltre alle vaste lagune e paludi si formano anche interminabili canali tra la fitta foresta pluviale che prendono il nome di Igarapè, queste zone vengono distinte dalle zone collinari e asciutte che invece prendono il nome di “Terra firme”. In questo enorme bacino idrografico le acque si possono suddividere in tre tipi: nere, bianche e chiare, ed in alcuni luoghi esse si mescolano danno origine ad una moltitudine di ambienti con caratteristiche chimico-fisiche e biologiche differenti, talvolta uniche.
Se sarà un fiume dalle acque bianche, come il Rio delle Amazzoni, a straripare si avrà luogo per decine di km alla Varzèa. Queste acque trasportano una gran quantità di massa composta di fanghiglia e detriti di rami, foglie e sedimenti prelevati erodendo i massicci delle Ande, la visibilità sarà molto limitata. Nella parte inondata, quando le acque depositano lentamente i detriti contenuti in essa, si avrà una sedimentazione sul fondo, l'acqua tenderà a schiarirsi  permettendo, in alcuni punti, alla luce solare di penetrare in profondità provocando così un’esplosione di vita planctonica che spingerà l’enorme quantità di specie di pesci, anfibi, rettili ed insetti in queste zone.
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Il disegno evidenzia le diverse zone che possono crearsi in territorio amazzonico, le zone che per alcuni mesi vengono sommerse dalle acque dei fiumi: le cosidette Varzea e Igapò, i laghetti temporanei e le zone di terra ferma chiamate "terra firme".
La vegetazione, che rimane sommersa o semi sommersa per ben 4/7 mesi all’anno, ha sviluppato meccanismi formidabili con i quali sopravvivere. Ad esempio alcune piante si sono adattate a vivere in condizioni di concentrazioni bassissime d’ossigeno disciolto sviluppando radici aeree atte alla respirazione. Per la propagazione della specie si affidano agli insetti e ad alcuni pesci, i quali trasportano i semi galleggianti, alcuni ricoperti da poltiglie velenose, che scartati cadranno sul fondo, dando origine a nuove piante figlie. Un gran numero di pesci amazzonici integrano la dieta erbivora con insetti, numerosissimi in superficie.
I valori variano secondo l’area sulla quale scorre il fiume, generalmente il ph è acido, il grande Rio delle Amazzoni presenta alcune zone dove, data la recente e diversa composizione delle rocce, il ph può essere alcalino (anche fino a raggiungere i 7,5 gradi) con medie durezze, e pesci come gli Scalari, ad esempio, sono stati ritrovati in luoghi come questi, con caratteristiche chimico-fisiche ben differenti da quelle presenti nel loro habitat più conosciuto. 
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Veduta di un tratto del Rio Salomones nei pressi di Tefè, le acque torbide ricche di sedimenti e di fanghiglia inondano la parte emersa della vegetazione generando la “Vàrzea”.
Le acque chiare si riscontrano nei fiumi provenienti dai rilievi meridionali del Brasile e dalla Guyana, sono caratterizzati da un colore verdastro, la classica acqua verde dovuta all’esplosione di fitoplancton che attira un grandissimo numero di pesci gatto, e sui chiari fondali sabbiosi troviamo grosse colonie di Corydoras. Queste sono acque povere di nutrienti, con un range di valori molto ampio, ad esempio, il ph può essere acido toccando anche valori prossimi a 5 ma in altre zone può raggiungere anche i  7,5 gradi, la visibilità va dai 50 cm nella stagione delle piogge a 3-4 metri nella stagione secca.
 
Infine le acque nere, identificabili in particolar modo con il Rio Negro e il Rio Parurù, due affluenti del Rio delle Amazzoni, possiedono una tipica colorazione ambrata simile al tè, ma la visibilità è di gran lunga superiore a quella possibile nelle acque bianche perché c’è pochissima melma in sospensione. Il fiume esondando forma l’Igapò dove, seppur non ci sia una quantità di massa biologica planctonica paragonabile a quella presente nella Varzèa, crea un territorio sommerso ed emerso di straordinario interesse per gli studiosi e gli appassionati di acquariologia. Qui possiamo trovare pesci come lo Pterophyllum Altum, alcune specie appartenenti ai ciclidi nani, in particolare Apistogramma Agassizi o Elizabethae, oppure callittidi come alcuni Corydoras, ad esempio il Rabauti o l’Imitator, poi gli affascinanti Discus Heckel ed Alenquer che prediligono anse dove trovano acque a lento scorrimento.
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La confluenza del Rio Negro e del Rio Solimoes porta al mescolamento di acque nere e bianche. Questa suggestiva foto è stata scattata nei pressi di Manaus.
I valori si presentano con un ph acido intorno al 6 ma in alcuni punti arriva anche a 4 e durezze praticamente nulle.
Le sostanze organiche in questo tipo di acque subiscono scarse trasformazioni chimiche perché essendo prive di sedimenti, tra le più pure al mondo, rendono estremamente difficoltosa l’opera di biodegradazione delle stesse da parte di batteri o funghi, e quindi la materia organica fluttua tra le acque arrivando talvolta sino al Rio delle Amazzoni.
In queste acque la vegetazione sommersa scarseggia, l’eccezione si ha quando questi corsi d'acqua straripano e inondano le terre limitrofe creando il luogo ideale per l’accoppiamento e la deposizione di pesci come Discus e Scalari. In un ambiente di vita come questo, strutturato in particolar modo verticalmente, la morfologia del corpo di pesci come quelli appena citati ha la sua ragione d’essere. Una forma così fortemente compressa ai lati li rende agilissimi nel nuoto tra canne, tronchi e rami disseminati sul fondo, a mezzo livello ed in superficie. Oltre a questo possiamo trovare alcune piante galleggianti, tra le quali la Pistia Stratiotes che offre rifugio agli avannotti grazie alle sue intricate radici.
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Il fondo è di sabbia chiara e la colorazione dell’acqua, come si vede, è simile al Tè.
Nel video si può osservare un gruppo di Paracheirodon Innesi (Neon) nuotare nel loro habitat naturale, dove diversi rami e tronchi sommersi ricoperti da alghe creano un ambiente che non siamo soliti ricreare nei nostri acquari. Sul fondo sabbioso molte foglie secche e materiale organico in decomposizione. (Il video li nomina come Cardinali, ma quelli nel video sembrano effettivamente Neon, dalla colorazione della livrea).
Troverete molti altri ottimi filmati sul canale youtube di "Fishfromvenezuela".
In questo video si nota la caratteristica acqua giallastra, ed i cardinali nuotare tra grovigli di radici e rami sommersi. I colori estremamente brillanti aiutano gli individui a riconoscersi nell'oscurità di queste acque, dove a volte la visibilità non supera i 30/50 cm.
Nella seconda parte del filmato notiamo un gruppo di Scalari nuotare in gruppo, questo ci fa capire come sia importante la loro socialità.
L'ambiente, come per gli altri filmati, è formato da rami, tronchi, foglie e materiali in decomposizione. Qui, poi, si può notare il materiale in sospensione, che viene trasportato dalle correnti.
Le splendide immagini visionate nei video inseriti in questa prima parte dell'articolo, mi hanno dato la possibilità di osservare e capire come potesse essere "strutturato" un particolare e determinato ambiente naturale presente nel bacino amazzonico, l'habitat dei Paracheirodon Axelrodi, meglio conosciuti come Cardinali.
Il titolo descrive esattamente ciò che in questa mia esperienza verrà descritto. Il sogno di creare un biotopo in acquario, una copia esatta di ciò che troveremmo in natura, sarebbe, oltremodo improbabile inizialmente, ma anche decisamente irrealizzabile nel suo mantenimento e nella sua evoluzione nel tempo. In natura, infatti, giocano migliaia di fattori diversi, interni ed esterni all'ambiente acquatico, e poi in uno stesso circoscritto ambiente, se ne potrebbero trovare molti altri, che chiameremmo micro-ambienti, con caratteristiche fisico-chimiche, morfologiche e biologiche differenti.
Per assurdo anche se potessimo staccare un metro quadro di un qualsiasi "habitat amazzonico" e disporlo magicamente in una vasca, comodamente allestita nel nostro salotto, ci accorgeremmo che, dopo poco tempo, quello stesso ambiente artificialmente naturale tenderà a mutare rispetto a ciò che sarebbe diventato se fosse rimasto al suo posto. Questo perché le condizioni esterne, ed il nostro intervento, non rispetterebbero le regole che in natura danno la possibilità a tutto ciò di esistere ed evolversi in un determinato modo ed a quel punto da "biotopo d'origine" si passerebbe al nostro "biotopo personale".
Quindi la mia volontà, piegandosi al fatto che un habitat originale in toto non potrà mai essere ricreato nel tempo in un acquario, ha cercato di ricreare per similitudine l'aspetto estetico dell'ambiente visto nei filmati, qualcosa che ci possa avvicinare con l'immaginazione al mondo di questi magnifici caracidi, che tanto siamo soliti vedere in decine e decine di vasche dai layout più disparati.
L'aspetto estetico, però, non preclude la possibilità di avvicinarsi anche con i valori chimici e fisici all'acqua di partenza, in particolare il ph, il kh, il gh e la temperatura.
Il primo passo da percorrere è stato quello di scegliere quale vasca utilizzare, e se è vero che tanto più spazio si ha a disposizione, tante saranno le possibilità e facilità nelle scelte future, io decisi comunque di optare per un 70 litri, di dimensione cm 60x35x38 (la colonna d'acqua utile sarà di 35 cm). Fui orientato verso questa scelta per ragioni pratiche, infatti l'idea di sistemarla in camera mia, in una posizione rialzata rispetto a tutte quelle avute in precedenza, mi ha imposto queste dimensioni massime. Decisi poi di volerla aperta, perché trovo che questo tipo di vasche possieda sempre quel qualcosa in più rispetto a quelle chiuse. Negli acquari aperti è possibile osservare la vita al suo interno anche dall'alto, ogni qualvolta lo si desideri, senza alzare o spostare coperchi ingombranti, è come se le piante galleggianti ed i pesci visti dall'alto ci avvicinassero di più a ciò che realmente succede in natura.
La filtrazione dell'acqua è stata affidata, anche questa volta, all'onnipresente filtro esterno "Pratiko 200" della ditta Askoll. I cestelli sono stati caricati a cannolicchi, spugna blu e bioballs, quindi niente di speciale, anzi qualcosa di super collaudato già in precedenza.
Il tubo di entrata è stato inserito nel vano scavato nella parete, il quale ha sostituito la bottiglia nella precedente struttura. 
L'uscita, invece, è stata fissata con un uncino alla parete fai da te nella parte opposta dell'acquario. Ho deciso poi di fissare la potenza della pompa a metà, per evitare che ci sia troppa corrente in vasca.
Un aspetto forse controverso di questo acquario è stata la parte riguardante l'illuminazione.
Avendo a disposizione una vasca aperta, decisi di optare per un'illuminazione Hqi, anche perché fino ad ora non avevo mai utilizzato questo impianto. Cercai dunque nei vari mercatini su internet e trovai un'ottima soluzione, acquistando una lampada Hqui con una potenza di 70 Watt.
Successivamente mi sono chiesto se questo avesse un senso per la tipologia di "avventura" alla quale sarei andato incontro, ed in effetti un acquario di questo tipo non avrebbe avuto certo bisogno di una forte illuminazione, non essendoci piante esigenti, anzi non essendoci praticamente piante, se non le galleggiati. Poi ho pensato che proprio la presenza di esse avrebbe potuto venirmi in salvo schermando la potenza luminosa a disposizione, e creando zone alternate di ombra e luce in vasca. Decisi poi che questa lampada mi sarebbe comunque servita in futuro, e quindi non esitai oltre, e la installai.
Fissai dunque il filo in acciaio e disposi il faretto ad una altezza di circa 30/35 cm dalla superficie dell'acqua.
Come sappiamo le lampade Hqi non hanno un'accensione immediata, ma la potenza luminosa cresce gradualmente in un paio di minuti, quindi in questo caso l'accensione non disturberà troppo i pesci, mentre invece lo spegnimento, ovviamente sarà netto. 
Decisi quindi di creare un effetto tramonto, rudimentale s'intende, con ciò che avevo a disposizione a casa.
Cercai in giro e trovando una semplice piletta a led decisi di convertirla a punto luce per illuminare l'acquario una volta spentasi l'illuminazione principale.
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Nella foto a sinistra il necessario occorrente per creare il punto luce, ovvero uno stagnatore a penna, dello stagno, pasta per saldare, un trasformatore utile al wattaggio della pila (4,5 volts) ed ovviamente la piletta a tre led bianchi.
Ho aperto la pila ed escluso la parte che serviva all'alloggiamento delle batterie.
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Tagliai l'attacco a jack del trasformatore per avere liberi i due filetti che successivamente ho collegato ai poli della pila.
Questa operazione è stata eseguita ovviamente per avere la pila collegata alla corrente e non dipendere dalle batterie, e poi avevo anche la necessità di temporizzare l'accensione e lo spegnimento dei led in base allo spegnimento del faretto principale.
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Ed ecco il lavoro ultimato e la pila fissata dietro al faretto Hqi. Ho puntato la luce dei led in modo che non si crei un fascio di luce unico all'interno dell'acquario ma che essa venga filtrata ed espansa come fosse un'illuminazione omogenea.
Per mantenere a 24/25 gradi la temperatura dell'acqua mi sono servito di un termoriscaldatore da 150 watt, alloggiato anch'esso, come il tubo di mandata del filtro, nella sezione "scavata" nella parete. Inoltre ho acquistato un termometro digitale che mi visualizzasse costantemente la temperatura.
A differenza dell'acquario "Antibodi", in questa mia avventura mi sono "semplicemente" servito di quanto realizzato in precedenza per creare  l'allestimento all'interno di "Basil". 
In primis, lo sfondo, la cui costruzione viene ben spiegata passo per passo nell'articolo "Antibodi: viaggio tra acquario e natura". La parete è stata sagomata nelle dimensioni adatte, portandola da una misura di 100 cm ad una di 60 cm. In questa operazione, essendo la nuova vasca più contenuta della precedente da 180 litri, ho deciso di asportare la parte più spessa, ovvero quella che includeva la bottiglia contenente il tubo del filtro ed il riscaldatore, realizzandone una nuova di dimensioni ridotte. 
Questo pretesto inoltre mi ha piacevolmente stupito facendomi testare la robustezza e la perfetta integrità della parete fai da te. Con un'affilata lama di coltello non ho fatto altro che tagliare lungo la linea segnata sul polistirolo corrispondente alla misura richiesta. La parete non ha avuto alcun problema di cedimento o di sbriciolamento, e si è mantenuta salda.
Ho deciso anche di asportare le radici di vite incorporate alla stessa per sostituirle con nuovi rami prelevati anch'essi nelle adiacenze di casa mia, dei quali vi racconterò in seguito.
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In foto lo sfondo 3d costruito per l'acquario "Antibodi" il quale è stato sagomato per renderlo adatto alle dimensioni della vasca "Basil".
Ho messo in evidenza la parte utilizzata rendendo in bianco e nero quella eliminata.
Inoltre sono state tolte le bellissime radici di vite per far spazio a nuovi rami di Lavanda.
Il fondo non ha richiesto un intervento piuttosto elaborato, vista la destinazione che avrebbe avuto questa vasca. Inserendo solamente un sottile strato di fondo fertile commerciale con del lapillo lavico ho cercato di garantire una minore compattezza del substrato. Ho coperto poi il tutto con uno strato irregolare di sabbia fine di colore grigio chiaro. 
Ciò che ha però caratterizzato il fondo, ed anche modificato decisamente il suo aspetto, è stato l'inserimento di una buona dose di foglie secche con lo scopo di simulare l'aspetto naturale, ed anche di garantire il rilascio di tannini ed altre sostanze durante la loro degradazione in acqua. 
Dopo diverse letture e cercando di trovare foglie il più possibilmente assomiglianti a quelle viste nel filmato, ho scelto di utilizzare quelle di "Ligustrum Vulgaris" e di "Osmanthus Fragrans".
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Sopra alcune foglie di "Osmanthus Fragrans" raccolte alla base della pianta. Queste sono seccate nel tempo e sono state lavate sotto acqua corrente prima di essere introdotte in acquario, al fine di eliminare terra ed eventuali muffe o parassiti.
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Sopra si può notare un arbusto di "Ligustrum Lucidum". Anche in questo caso ho raccolto le foglie secche e le ho lavate a dovere per eliminare le impurutà, senza però utilizzare alcun additivo chimico.
Entrambe le piante, che abitualmente vengono utilizzate per creare siepi divisorie o cespugli nei nostri giardini, possiedono foglie morfologicamente molto simili a quelle visualizzate nel video, ma tralasciando questo punto, è importante il fatto che contengano tannini e mannite ed abbiano importanti proprietà, come quelle toniche, astringenti ed antiinfiammatorie. Inoltre ho letto che la presenza di mannite dovrebbe aiutare la regolarità intestinale.
Le foglie sono piuttosto coriacee e quindi credo che dureranno parecchio in acqua, prima di decomporsi e sfaldarsi totalmente. Una volta inserite impiegano qualche giorno per affondare, e successivamente ho potuto sistemarle a casaccio come se fossero state portate dalla corrente in questa lanca od ansa di fiume.
La presenza di queste foglie è stata affiancata, nella fase iniziale, dalle ormai collaudate pignette d'ontano, per rendere l'acqua ambrata e per le loro proprietà, già descritte. 
Avendo eliminato le coreografiche radici di vite, le quali hanno svolto a pieno il loro compito nel precedente acquario, cominciai a chiedermi quale potesse essere la mia futura scelta. 
Dopo alcune prove con legni prelevati in natura, alcuni dei quali di provenienza sconosciuta, ho deciso di scegliere un arbusto ben noto: la lavanda.
Trovai alcuni rami di questa pianta tagliati l'anno precedente e sistemati vicino ad una catasta di legni. Rimasi subito colpito dalla loro bellezza estetica, poi cominciai a cercare sulla rete per conoscerne un po' di più.
Trovai alcune informazioni interessanti, come il fatto che di essa viene utilizzato l'olio essenziale in medicina come ansiolitico e per preparare prodotti per la cura della pelle, ma soprattutto mi accertai del fatto che non fosse in alcun modo tossica.
Scelsi i rami più coreografici e cominciai a disporli in una bacinella sistemata all'interno della fontana davanti a casa, lasciando che l'acqua corrente li ripulisse. In quella sistemazione rimasero per circa dieci giorni, poi li lasciai per un paio di giorni al sole, ed infine sistemati in un sacchetto chiuso fino al momento del loro utilizzo.
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Nella foto sopra si notano alcuni dei rami utilizzati di Lavanda, tagliati per una potatura della pianta e rimasti a seccare per un anno intero in giardino.
Nell'insieme si nota al centro anche un'altra coreografica presenza, una radice non identificata che è stata lasciata per alcune settimane a mollo e poi utilizzata in "Basil".
Li fissai in vasca incastonandoli tra la parete ed il fondo, oppure bloccandoli con le pietre, evitando di utilizzare ferretti in ferro od altro materiale che potessero rilasciare sostanze in acqua. 
Inizialmente, come succede ogni volta che l'acquario vive la sua fase di maturazione, cominciarono a riempirsi di quella "lanuggine" bianca che rappresenta l'intensa attività batterica all'interno della vasca.
Dai video ho voluto estrapolare tre foto da prendere come punto di riferimento per realizzare un ambiente credibile e simile a ciò che potremmo trovare in natura, spero di esserci riuscito, anche se l'impresa non è stata poi troppo difficile, grazie al materiale naturale recuperato.
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Una volta terminata la fase di allestimento iniziale, decisi subito di realizzare qualche scatto fotografico.
Ciò che mi colpì maggiormente in questa prima serie di immagini fu la somiglianza con l'ambiente visto nei video. Le foto mi passavano davanti ed io immaginavo quell'ambiente color ambra, poca visibilità e rami che spuntano dalle ombre.
L'idea di fotografare l'acquario dal lato destro e sinistro mi permise di ottenere degli scatti dove la profondità ha reso l'ambiente molto più grande e credibile. 
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In questa foto gioca a mio favore l'acqua colorata dagli acidi umici e dai tannini rilasciati dalle foglie, dai rami e dalle pignette d'ontano.
Inoltre penso che la prova di fotografare l'acquario dal lato corto, al fine di sfruttare la maggiore profondità, abbia dato l'idea di un ambiente molto più grande.
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In primo piano alcuni rami sommersi di Lavanda che ho sistemato affinché diano l'illusione di essere rimasti incastrati sulla riva, dopo essere stati trasportati dalla corrente delle acque.
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Anche "Basil", come gli ultimi acquari da me creati, ha avuto una lunga fase di maturazione durata quasi due mesi.
Qualcuno potrebbe pensare che in questo lasso di tempo l'acquario possa essere "insignificante", "deprimente" o "vuoto", io trovo invece sia uno dei momenti migliori nel ciclo di vita di quel piccolo mondo ricreato in cinque vetri.
La vasca cominciò a girare senza alcuna pianta al suo interno, perché esse sono state introdotte la settimana seguente.
A seguire due foto che rappresentano l'avvio della vasca, con i materiali inseriti in questa fase.
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Come si può notare dalle foto le foglie ed i rami sul fondo non sono ancora molti, verranno inseriti gradualmente in seguito, tanto che sarà quasi completamente coperto da materiale organico in lenta decomposizione.
Mi sento di fare una considerazione riguardo alla presenza di rocce in un ambiente come quello ricreato. Generalmente in questi luoghi è difficile trovarne, perché quasi tutto qui è fango e materiali organici come legni, rami, radici, foglie cadute dagli alberi e depositatesi sul fondo. 
Decisi ugualmente di inserirne qualcuna, pur correndo il rischio di "uscire" dal binario, ma la tentazione di fornire un qualche riparo o luogo per le deposizioni dei pesci inseriti nella seconda fase evolutiva di "Basil" è stata più forte.
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In un ambiente come quello da me ricreato dovevo in qualche modo dare l'dea di trovarmi di fronte a spazi "vuoti", frammentati da rami, radici di piante galleggianti, foglie sul fondo, nonché alghe.
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La prima pianta che decisi di inserire fu una galleggiante ben nota ai più ma che invece io non avevo mai avuto prima d'ora in acquario: la Pistia Stratiotes.
Questa pianta appartenente alla vasta famiglia delle "Araceae" è utilizzata abitualmente per il laghetto, dove funge da ottimo "filtro" biologico in quanto per crescere e moltiplicarsi consuma molto nitrato e quindi collabora nel mantenimento di un certo equilibrio chimico dell'acqua.
Questa pianta è piuttosto adattabile, anche se predilige una buona presenza di nutrienti, di luce ed acque non troppo veloci. E' priva di fusto e la sua struttura è composta da una rosetta di foglie color verde chiaro, coperte da una palpabile peluria che aiuta la stessa pianta a galleggiare, in quanto in essi vengono intrappolate bolle d'aria. La Pistia in alcune zone del mondo rappresenta un vero e proprio problema perché moltiplicandosi molto velocemente tende a ricoprire le superfici di interi laghi, anse di fiume o lanche, impedendo il naturale scambio gassoso tra la superficie e l'acqua, determinando così una diminuzione dell'o2 disciolto in essa. Comporta difatti anche una modifica dell'ambiente sottostante impedendo a molte piante di crescere per la scarsità di luce che riesce a filtrare.
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Decisi di provare ad inserirla in acquario, per il suo aspetto estetico e soprattutto per lo scenografico intreccio di radici che si sarebbe creato da lì a poco. Come scritto in precedenza, necessitavo anche di avere qualcosa che aiutasse a mantenere un certo equilibrio chimico in vasca e che smorzasse la potenza luminosa della lampada Hqi.
Presi cinque piantine, e le sistemai in acquario, dopo circa un paio di settimane ne acquistai altrettante.
Nel frattempo, le prime avevano già sviluppato un considerevole apparato radicale, permettendomi di osservare la differenza di crescita di questa pianta da una vasca all'aperto ad un acquario.
Nel piccolo laghetto le radici non erano piuttosto sviluppate in lunghezza, ma creavano quasi un "batuffolo" di color marroncino, in acquario invece, dapprima cominciarono ad allungarsi in modo spropositato le radici principali e poi ad infoltirsi con la stessa velocità. Due piantine potevano contare su un apparato radicale lungo quasi 40 cm, tant'è che periodicamente fui costretto a potarle per far sì che l'intero acquario non ne venisse completamente invaso.
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Nella foto sopra si nota la lunghezza delle radici raggiunto da un paio di pianticelle in acquario al momento dello scatto fotografico, inoltre si notano le nuove radici emesse dalla Pistia nei giorni successivi alla sua introduzione in vasca. 
Col passare del tempo non ho mai notato grossi problemi di crescita o deperimento delle pianticelle, però in alcune piantine le foglie più vecchie hanno cominciato ad ingiallire. Ciò può essere dovuto all'adattamento alle nuove condizioni chimiche e fisiche, alla sporadica limitata presenza di nutrienti, ma credo soprattutto al basso livello di umidità in superficie, dove si crea appunto un ambiente non sempre ideale allo sviluppo della Pistia.
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Volendo prendere in esame i lati positivi e negativi di questa particolare pianta nello specifico utilizzo della stessa in acquario potrei riassumerli in questa lista di punti positivi:
1. Esteticamente ha una bella presenza.
2. Ottima consumatrice di nitrato e fosfato, aiuta a mantenere bassi tali valori, ovvio che se si esagera con cibo, pesci e manutenzione errata non possono fare miracoli.
3. Creano un groviglio di radici che da un notevole senso di "naturale" in acquario, questo perché permette ai pesci di nascondersi, girovagare attorno ed in esse possono trovare anche del cibo.

Punti negativi:
1. Le sue radici tendono a crescere davvero tanto e se non tenute sotto controllo ci metteranno poco ad invadere l'intera vasca, specie se piccola.
2. Se troppe tendono ad annullare il movimento superficiale dell'acqua potendo limitare lo scambio gassoso tra l'ambiente sopra e sotto la superficie.
3. Cominciano ad ingiallire se la superficie dell'acquario (meglio se vasca aperta) tende ad essere troppo e spesso secco.
La Pistia Stratiotes in acquario ha diviso la superficie con l'immancabile Lemna Minor. Riguardo a questa pianta ho scritto già molto nei precedenti articoli, aggiungo qui solamente che osservarla in superficie a ridosso della parete autocostruita e mischiata alle foglie di Osmanthus ancora galleggianti in superficie ha dato un notevole senso di naturalezza all'insieme. Inoltre aggiungo che si è propagata con facilità, tant'è che ho dovuto toglierne alcune porzioni di tanto in tanto.Ho provato anche a sistemare, come fatto in precedenza in altre avventure, un po' di muschio, questa volta però a stretto contatto con la parete. Il muschio ha attecchito facilmente, perché è rimasto inumidito costantemente dall'acqua senza essere però mai completamente sommerso. 
L'unica pianta che ho deciso di inserire sul fondo, esulando dal preciso contesto iniziale, è stata l'Eleocharis Acicularis.
Generalmente cresce in zone paludose, emersa o semisommersa, e si è diffusa in gran parte del pianeta. Predilige una buona illuminazione, ma soprattutto la presenza di co2 che in condizioni sommerse (se non costantemente erogata) difficilmente riesce a trovare.
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In foto piante di Eleocharis che crescono emerse, si nota, all'estremità delle foglie i fiori che questa pianta produce.
L'aspetto ricorda molto quello dell'erbetta che siamo soliti far crescere nei nostri giardini, anche se le foglie filiformi sono molto più sottili, hanno una colorazione verde scuro (a condizioni ottimali di crescita).
Decisi di inserirla per prova perché ero già inizialmente preparato ad un probabile fallimento, e così è stato.
Queste piantine, così come la Pistia, sono state prese da un garden center specializzato in piante e pesci da laghetto vicino a casa (grazie Mauro!), dove sono cresciute all'aperto in condizione semi sommersa, così hanno potuto dunque attingere senza alcun problema alla co2 atmosferica.
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In foto piante di Eleocharis che crescono sommerse in acquario.

Ringrazio Jan Ševčik per avermi permesso di pubblicare le due foto dell'Eleocharis Acicularis e vi invito a visionare gli altri suoi scatti al sito http://www.biolib.cz/en/image/id99793/
L'Eleocharis Acicularis è una pianta che non cresce molto velocemente, ed ha bisogno di una certa acclimatazione nell'ambiente prima di "partire" come si deve. In acquario le sistemai a ciuffetti, cercando di piantarle in modo corretto, ovvero sistemandole con delicatezza sul fondo e cercando di dividerle meglio che potessi visto il groviglio di radici che le caratterizza.
Devo ammettere che l'aspetto iniziale ne ha giovato davvero molto, vedere quelle piante tra le foglie e le rocce ha dato un ottimo contributo al "layout" generale, e non meno ha rafforzato, scusate se insisto con questo termine, l'aspetto "naturale".
Le pianticelle, dopo poche settimane, hanno cominciato ad ingiallire, e dopo circa un mese e mezzo la quasi totalità delle piccole foglie filiformi diventò gialla. Ho pensato di lasciarle in acquario ancora per qualche settimana, osservando la loro evoluzione, ma non c'è stato alcun minimo segno di ripresa e le stesse sono rimaste in quella situazione, senza però sfaldarsi a circa 4 mesi dal loro inserimento.
Le cause credo siano da attribuire ad una limitata presenza di co2 in vasca e ad un fondo non propriamente adatto a queste piante, credo invece che la luce non sia stato un problema, anzi.
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In foto una prima panoramica di "Basil" con le piante di Pistia ed Eleocharis inserite da qualche giorno.
Le foglie che si notano in superficie, da poco inserite in vasca, dovevano ancora aumentare il loro peso (assorbendo acqua) e depositarsi sul fondo.
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Ciò che mi ha colpito maggiormente di questo acquario, come scritto anche in precedenza, è stato il risultato ottenuto con alcune foto, in particolare scorci, dove sembra quasi di osservare un ambiente extra-acquario, un ambiente più vasto.
La foto sopra, infatti, appena vista mi ha sorpreso per il particolare senso di profondità che da nell'insieme e per i toni di colore che ricordano molto quelli visti nei video inseriti. 
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Ancora una panoramica della vasca e qui si nota anche l'alternanza di zone di luce e d'ombra, la quale credo sia fondamentale in un acquario, sia per l'aspetto estetico d'insieme, sia per la vita dei pesci.
La chimica di questo acquario è stata presa in grande considerazione, non sempre infatti pongo grande attenzione a questo aspetto, se non nella fase iniziale. In questo specifico caso, ho voluto prestare attenzione all'andamento dei valori, perché questa vasca è stata , nella sua prima parte di vita, caratterizzata da un allestimento differente da altre prove effettuate in precedenza. Innanzitutto la presenza di tante foglie in lenta decomposizione sul fondo, e poi dalla presenza di sole piante galleggianti, visto che l'Eleocharis è deperita.
Ho riempito la vasca con metà acqua di rubinetto (a quel momento ph: 7.5 - kh: 11 - gh: 10 - no3: 25/30 mg/l), e con metà acqua RO (ph: 6.5 - kh: non rilevabile - gh: non rilevabile - no3: < 5 mg/l). Dopo un paio di giorni, avendo introdotto una piccola parte di foglie e pignette, e senza piante i valori sono stati i seguenti: ph: 6.8 - kh: 5 - gh: 4 - no3: 20 mg/l.
Dopo una settimana dall'avvio è stata inserita la prima parte di piante, Pistia ed Eleocharis sono state sistemate rispettivamente in superficie e sul fondo, ed è stata inserita una seconda parte di foglie di Osmanto. Dopo una settimana dal loro inserimento e quindi due dall'avvio vero e proprio dell'acquario i valori risultavano essere i seguenti: ph: 6.5 - kh: 5 - gh: 6 - no3: 30 mg/l.
Le piante presenti hanno potuto contare su una semplice concimazione del fondo, tramite un fertilizzante commerciale di marca Aquili ed una minima concimazione liquida settimanale (un quarto di quello consigliato per un acquario di utilizzando ancora un prodotto commerciale della Dennerle).
In questo momento il ciclo dell'azoto, e raggiunto il picco di nitriti, ha cominciato a stabilizzare l'equilibrio in vasca, che grazie alle tante piante di Pistia ha portato ai seguenti valori dopo altre due settimane: ph: 6.2 - kh: 5 - gh: 4 - no3: < 10 mg/l.
Trascorse circa un altro mese prima dell'inserimento dei primi inquilini. In questo periodo la vasca ha visto comunque la presenza di diverse forme di vita, in particolare larve di zanzara introdotte con la Lemna Minor e una serie di lumachine che si sono presto adattate alla nuova vita in acquario, in particolare Physa e Planorbis, inoltre una lumachina, credo, che non sono riuscito ad identificare priva di guscio.
Ho notato spesso la presenza di uova appiccicate ai vetri, molto probabilmente delle Planorbis, ma non ho assistito ad alcuna schiusa in diretta, anche se il numero di queste lumache è praticamente rimasto sempre molto basso.
In questo mese ho aggiunto, come spesso faccio nell'attesa, un pizzico di mangiare saltuariamente, per adattare l'equilibrio all'imminente inserimento dei pesci e quindi al successivo aumento del carico organico che ne conseguirebbe.
Inoltre saltuariamente ho notato sulla superficie insetti caduti in acqua che hanno contribuito a creare materia in decomposizione.
A circa due mesi dall'avvio ho acquistato ed inserito i tanto attesi ospiti: un gruppetto di dodici Paracheirodon Axelrodi, meglio conosciuti come "Tetra cardinali".
I cardinali sono pesci molto apprezzati in acquariofilia perché vengono subito riconosciuti per gli splendidi colori che possiedono. Questi colori brillanti, rosso e azzurro, che in alcune condizioni di luce sembrano davvero brillare quasi fossero fosforescenti.
Da circa 60 anni, da quando fu cioè classificato, non ha mai dato modo di far perdere l'interesse tra gli acquariofili, perché oltre all'aspetto estetico, ha sviluppato nel corso del tempo una certa adattabilità ai diversi valori chimico/fisici che siamo soliti avere nei nostri acquari.
Il cardinale è comunque un pesce che predilige acque tenere, con ph e durezze non troppo alti, ma la facilità con la quale negli ultimi anni gli allevatori riescono a riprodurlo(come succede per molti altri pesci d'acquario), ha consentito di ampliare il range dei valori ai quali il pesce riesce ad adattarsi bene. 
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Condizione importante per questa specie è la possibilità di offrire loro una compagnia, una socialità, quindi un gruppo. Non andrebbe mai tenuto da solo, e non solo perché sarebbe un peccato non poterli osservare in gruppo, ma soprattutto perché ne potrebbe risentire e non svilupperebbe quale serie di dinamiche comportamentali proprie del pesce se in gruppo.
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Nelle foto sopra e sotto si possono osservare alcuni cardinali nuotare attorno alle ampie radici della Pistia Stratiotes.
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I cardinali sono pesci che non ci mettono molto ad abituarsi alle nuove condizioni di vita in acquario. Dapprima, durante le prime ore d'inserimento, sono timidi e, come succede per quasi tutti i pesci di branco, stanno uniti. Poi però nelle immediate ore successive, perdono l'iniziale timore e diventano piuttosto sicuri di sé, tant'è che non ci mettono molto a raggiungere la superficie non appena sentono che qualcosa si avvicina, come ad esempio il mio dito. In un ambiente come quello di "Basil" hanno trovato ottime condizioni di vita, non solo per i valori chimici, adatti, senza estremizzare e raggiungere quelli originali del biotopo, ma anche perché l'intreccio di radici, rami e la presenza di foglie sul fondo ha permesso loro di trovare zone d'ombra, nascondigli e passaggi che avrebbero potuto tranquillamente trovare in natura.
Fatta eccezione per il momento dell'inserimento del cibo, i cardinali normalmente occupano la zona centrale dell'acquario, e saltuariamente si avvicinano al fondo o alla superficie. 
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Nella foto sopra, si nota un cardinale avvicinarsi al fondo, e la presenza delle foglie secche e delle radici fluttuanti in acqua regala un aspetto davvero "naturale".
Ho basato l'alimentazione di questi pesci su un mangime in granuli di marca "Sera", costantemente integrato con del cibo vivo, in particolare mai come in questo acquario, ho fornito ai pesci, zanzare e moscerini, che semplicemente catturavo e disponevo sulla superficie dell'acqua, lasciando che i cardinali se ne accorgessero e "corressero" per predarle. Occasionalmente anche altri piccoli insetti, attirati dalla lampada, cadevano in acqua, dando luogo ad un destino simile a ciò che sarebbe avvenuto in natura.
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L'atmosfera dell'ambiente che questa foto ha impresso mi ha colpito, i colori caldi dell'ambiente ed i cardinali immortalati in "gruppo" mi ricorda molto alcune scene che potrebbero trovarsi in un ambiente naturale.
Seppur pacifici, i cardinali possono diventare piuttosto "attivi" nei confronti dei loro simili. Mi è capitato spesso di assistere a brevi scaramucce tra i vari soggetti, ed in particolare notare un soggetto specifico "importunare" gli altri, ovviamente niente di paragonabile al comportamento dei ciclidi americani o africani. A luci spente tendono ad assumere la posizione di "riposo" con il corpo e la testa inclinata verso il basso.
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Per ottenere questa foto ho posto un filtro tra la lampada e la superficie della vasca, e questa prova è stata fatta per visualizzare la brillantezza dell'azzurro della loro livrea, che in particolari condizioni luminose, è davvero incredibile.
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Dopo pochi giorni decisi di far convivere i cardinali con una "Pomacea Bridgesii", meglio conosciuta come "ampullaria", gasteropode molto diffuso in acquariofilia. In natura la Bridgesii predilige fiumi con fondo fangoso e vegetazione del bacino amazzonico, ma la si può trovare anche in paludi e laghi.
In acquario ho osservato che si rende attiva sia nelle ore diurne (determinate dal periodo di accensione della lampada) sia a luci spente, ed a differenza di quanto potessi credere, tende a spostarsi abbastanza velocemente dal fondo alla superficie o da un ramo alle pareti dell'acquario, insomma non l'ho trovata affatto statica.
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Nella foto d'insieme la si può notare in basso a destra, sopra una pietra.
In acquario l'ampullaria si è sempre nutrita di ciò che ha trovato, ovvero di detriti, alghe e qualche volta resti di cibo granulare caduto sul fondo, ma visto le dosi centellinate che normalmente inserivo in vasca, quest'ultima opzione ha contribuito poco alla loro alimentazione.
In alcune occasioni l'ho vista "pascolare" in superficie, e documentandomi su internet ho scoperto che alcune di esse mangiano con molto piacere la Lemna Minor, che in questo acquario si trova in una certa quantità, anche se non ne ho la piena certezza, visto che non l'ho mai colta in flagrante, inoltre, sempre cercando info sulla rete, ho letto che le Bridgesii, a differenza di molte altre, sono provviste di dentini troppo fragili per potersi avventare sulle piante cosiddette "superiori".
Dopo circa quattro mesi e mezzo i valori chimici dell'acqua sono stati i seguenti: ph: 6.5 - kh: 4 - gh: 4 - no3: < 10 mg/l, Po4: 0,10 mg/l.
Tengo a precisare che durante i mesi di evoluzione della vasca le uniche operazioni che ho effettuato sono state le seguenti:
- Rabbocco con circa un litro e mezzo di acqua RO e mezzo litro di acqua di rubinetto lasciata decantare per un paio di giorni in una tanica da 10 litri.
- Fertilizzazione con un quarto della dose indicata nella confezione originale, una volta alla settimana.
- Somministrazione di cibo in granuli integrato a cibo vivo (larve di zanzara ed adulti, moscerini della frutta ed altro), dafnie ed altro.
- Potatura delle radici della Pistia Stratiotes e contenimento della Lemna Minor, operazioni che ho effettuato circa ogni 10/15 giorni.

L'equilibrio che la vasca ha raggiunto sembra essere piuttosto stabile, anche perché cerco di porre la massima attenzione con il cibo, con il rapporto fra "produttori" e "consumatori" di inquinanti e cerco di utilizzare l'acqua per i rabbocchi con valori ottimali, pur inserendone una piccola parte di rubinetto, come ho quasi sempre fatto nei miei acquari.
Volendo fare una considerazione sul rabbocco, vorrei ribadire il fatto che essendo un acquario aperto, provvisto di una lampada Hqi da 70 watt che ha una certa incidenza sull'evaporazione (tant'è che dopo alcune ore di accensione la temperatura impostata a 24 gradi aumenta sempre a 25 gradi), posso credere che l'evaporazione rimane comunque contenuta. Il rabbocco è di 2 litri ogni settimana, quindi circa 1,5% del totale per quattro volte al mese significa un'aggiunta di acqua relativamente nuova (perché parte di essa è d'osmosi quindi priva di quasi tutti gli elementi comuni che si possono trovare in essa) pari al 6% mensile, una cifra davvero irrisoria. Posso credere che anche una superficie per gran parte coperta delle piante di Pistia possa in qualche modo contenere l'evaporazione.
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Basil, nel corso dei suoi primi quattro mesi di vita, non è stato però immune da un comune "problema" che affligge il mondo dell'acquariofilia: le alghe.
Arrivo subito al nocciolo della questione, prima di scrivere alcune considerazioni e rilevazioni: in questo acquario come in altri che ho avuto, la presenza strettamente controllata di alghe ha arricchito l'ambiente non solo di una fonte di cibo per i microorganismi presenti e per alcuni invertebrati (come i gasteropodi) ma ha anche contribuito a migliorare, e scusatemi se insisto su questo tasto, l'aspetto "naturale" di questa vasca.
Sicuramente uno dei fattori principali che ha portato l'acquario a vivere l'iniziale problema delle alghe (verdi e brune) è stata la potenza luminosa a disposizione contrapposta ad una "carente" necessità di luce in acquario. Nelle primissime settimane successive all'avvio si sono presentate sul fondo alghe verdi e filamentose, le quali però man mano che la Pistia e la Lemna hanno preso piede, hanno iniziato a regredire, tanto da essere relegate dopo circa un mese e mezzo, alle sole zone alte della parete ed a qualche chiazza sul fondo e sulle pietre, come si nota nella foto sopra.
Devo ammettere però che nei primi momenti di comparsa delle stesse, ho potuto assistere ad una vera e propria fioritura di alghe verdi libere in acqua, è stato interessante osservare come velocemente s'impossessassero dei vetri, delle radici di Pistia, del fondo.
Le diatomee, invece, hanno fatto capolino nella parte bassa dell'acquario, vicino al fondo e sui vetri, ma sono sparite tanto velocemente quanto sono apparse.

In seguito l'acquario ha mantenuto un equilibrio tale da non presentare più il problema di una invasione di alghe incontrollata, mentre invece le piante galleggianti hanno giovato, crescendo e modificando il loro apparato radicale in modo evidente. 
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Nella foto sopra ho usato l'espediente del negativo per far notare le zone d'ombra e di luce presenti, e la loro alternanza.
Concludo questa prima parte della vita dell'acquario "Basil" con le due foto panoramiche a seguire, augurandomi che l'articolo sia stato interessante per voi quanto lo sia stata questa esperienza per me.
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Infine uno scatto frontale.
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L'acquario è tutt'ora in funzione, ma ha attraversato una trasformazione che verrà documentata nella seconda parte dell'articolo, perché con questa vasca ho deciso di sperimentare altre prove di layout sia nella disposizione degli elementi al suo interno, sia nella scelta di nuove piante ed altri inquilini, uscendo dal binario iniziale.
Un ringraziamento a tutti coloro che hanno speso il loro tempo nel visionare e leggere questo articolo.
Articolo scritto da Stefano Florissi (Dabolox)
Tutte le foto, ad esclusione di quelle relative all'Amazzonia ed all'Eleocharis Acicularis, sono state realizzate da Stefano Florissi (Dabolox).
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