I am inspired by nature

Stonemani: la natura come fonte di ispirazione.

Questo articolo racconta la storia di un'idea, o meglio, di un'immagine impressa nella mente, che dopo diversi tentativi, alcuni dei quali anche solamente teorici, sono riuscito a riprodurre in acquario. Sicuramente da questa esperienza ho cominciato ad intendere con maggiore attenzione alcuni concetti del mondo naturale legato alla passione per gli acquari.
“Immagine” però è un termine che poco si adatta a descrivere il "mondo acquario": tutti noi sappiamo infatti che nella creazione di un ambiente acquatico trovano luogo diverse fasi, come quella dell'allestimento iniziale, dove è essenziale il tentativo di gettare le basi per stabilire un equilibrio evolutivo duraturo nel tempo, permettendoci così di godere, con un pizzico di egoismo, dei benefici influssi che piante, pesci e tutto ciò che sta al suo interno riescono a trasmetterci. 
Cominciarono così lunghi pomeriggi primaverili ed estivi dedicati alla scoperta della campagna attorno alla mia casa, in compagnia di qualche amico e del fido Athos, il mio cane. Ci si rende così conto di come questo hobby sia stato un importante e piacevole “pretesto” per riscoprire quanto appagante sia “unirsi” alla natura, viverla intensamente, anche se dovesse trattarsi della stessa che ti ha circondato giorno dopo giorno per tutta la tua infanzia e la tua crescita.
Il trucco è questo: bisognerebbe, per quanto possibile, passare inosservati, sia che ci si trovi a passeggiare tra sentieri campestri, in un bosco d'autunno o in bilico fra acqua e terra in una laguna d'inverno. Dovremmo cercare di confonderci con l'ambiente, evitando quindi di indossare abiti di colore sgargiante, muovendoci lentamente, evitando di fare baccano, rimanendo in silenzio ad osservare il mondo che ci circonda, ricorrendo, se necessario, anche all’immaginazione ed allo spirito d’avventura.  Spesso mi son ritrovato avvolto da un universo di sensa­zioni che coinvolgono i cinque sensi, grazie ai quali ho potuto stabilire un contatto personale ed attento con la natura, carico di curiosità ed emozioni e circondato da colori, suoni e profumi spesso mai notati o avvertiti prima.
Ecco dunque che, come in passato in una continua fase di apprendimento, ripagato da alcune piacevoli scoperte, anche un tronco d’albero spezzato, che protende parte dei suoi rami sulle acque correnti di un piccolo canale di scolo tra i campi coltivati, ci suggerisce come allestire il nostro acquario. 
Esso attira centinaia di forme di vita che, in apparente confusione, fanno parte di un preciso micro-ecosistema, tanto spettacolare quanto fragile e soggetto a continui mutamenti.
Ti fermi, osservi, e rimani sorpreso da quanta vita possa scorrere sotto pochi centimetri di acqua in parte coperta da piante palustri e le stupende piante fiorite di campo. Noti che molti insetti, anfibi e uccelli acquatici instaurano una simbiosi con l'elemento acqua e con esso convivono quotidianamente sotto i tuoi occhi. Procedi a piccoli passi e la moltitudine di cose da vedere si sussegue, dandoti la sensazione che tutto sia un continuo ciclo vitale, ciò che poi realmente è. 
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Il mio desiderio, fino ad ora, è sempre stato quello di riprodurre un ambiente naturale, cercando perlomeno di raggruppare piante e pesci presenti in un ambiente specifico preso in esame, con i relativi valori chimico -fisici. 
Ebbene è ciò che inizialmente provai a fare, ma al momento della scelta, forse per la poca esperienza, forse per la difficoltà nel decidermi a scegliere un habitat, conclusi che riprodurre qualcosa che desse una sensazione di ambiente reale e naturale sarebbe potuto essere comunque un primo traguardo.
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Attraverso il progetto acquario “Stonemani” ho cercato di proiettare quelle sensazioni, quei colori, quelle forme e soprattutto quell’adattabilità che solo la natura riesce a possedere in un ambiente acquario. Le regole della soppravivenza che selezionano gli individui più forti (piante, pesci, invertebrati e microorganismi), permettendo loro di conquistare spazio ed energie, hanno plasmato la vita all'interno del piccolo mondo creato.
Infatti in questa mia esperienza un ruolo importante e prevalente lo hanno avuto le piante, anche se poi grosse soddisfazioni le ho ottenute con i pochi inquilini presenti, ed è forse stata la magia di questo acquario. Ho potuto cogliere così il comportamento di alcuni pesci non disturbati da un'eccessiva popolazione in vasca, o dal carattere predominante di altri coinquilini, ed inoltre, un mio minimo intervento esterno ha contribuito a tutto ciò.
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Le specie animali e vegetali autoctone del luogo sono state sostituite da alcune provenienti dal sud America e dall'Asia.

La vasca ed il supporto.

L'ambiente è stato ricreato all'interno di una vasca commerciale, precisamente un Askoll Tenerif 88 che possiede una capienza di circa 100 litri netti.
Esso è stato sistemato su un supporto in legno, da me creato, di facile realizzazione. Un parallelepipedo formato da quattro tavole di truciolato spesse 2 cm di color nero, rifinite ai bordi con dell'adesivo specifico per legno.
L'acquario è stato disposto sul pavimento, e forse anche questa scelta ha contribuito a renderlo particolarmente interessante da osservare.
Dall'alto verso il basso, la visione richiama ciò che abitualmente accade in natura, se ci troviamo dinnanzi ad un piccolo corso d'acqua, ad un fossato o ad uno stagno. Spesso inginocchiato davanti ad esso ho potuto beneficiare di quel magico insieme di luci, movimenti, colori, e forme.

Il sistema di illuminazione.

L’acquario Askoll Tenerif 88 viene venduto con un sistema d’illuminazione a due lampade neon da 20 watt ciascuna, accompagnate da specifici riflettori, e così inizialmente è stato avviato. Successivamente grazie al dono di una plafoniera autocostruita realizzata da un mio carissimo amico, è stato convertito in un bell’acquario aperto. Inoltre la potenza del sistema ne ha giovato passando da 40 watt a 60 watt potenziati da un riflettore che ha esercitato a pieno la sua funzione. La maggiore quantità di luce disponibile si è rivelata poi utile più di quanto mi aspettassi inizialmente, perché le tante piante emerse o galleggiati presenti hanno in seguito ulteriormente attenuato l'intensità di luce sul fondo. 

La plafoniera è stata realizzata utilizzando la carcassa in lamiera zincata di una vecchia plafoniera commerciale a due neon da 36 watt.
Le parti utilizzate sono state: il guscio, la parte bianca riflettente, gli starter e gli accenditori.
La prima fase consiste nello smontare tutte le parti in modo da riuscire a tagliare la carcassa metallica della lunghezza prestabilita.
Gli appoggi sono stati costruiti in acciaio inox e dotati di cerniera per rendere la plafoniera basculante, infatti è possibile farla ruotare di 90 gradi, per agevolare i pochi e saltuari interventi all'interno della vasca.
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Nella foto sono visibili sia il tappo di chiusura che gli appoggi. Le parti sono state unite con dei rivetti sempre in acciaio. All’interno viene montato il riflettore originale opportunamente accorciato ed utilizzati tutti i componenti della lampada originale, unica modifica, la parte di alimentazione, che montata in una scatola di alluminio sistemata dietro alla vasca eviterà eccessivi innalzamenti della temperatura.
Questo sarebbe dovuto essere l'oggetto nella sua prima fase di lavorazione, poi una verniciata di nero e qualche aggiustamento avrebbero dovuto migliorarne decisamente l'aspetto. Essendo questa plafoniera una prova, ho voluto sistemarla sull'acquario, dove però è rimasta così per molti e molti mesi, svolgendo comunque a pieno il suo compito.
Fotoperiodo di 9 ore (dalle 14 alle 23) e lampade neon con una gradazione di 6500k sostituite ogni 12 mesi circa.
  

Il sistema di filtraggio, i rabbocchi d’acqua ed i valori chimico/fisici.

La parte relativa alla filtrazione dell’acquario è sicuramente una delle più importanti, cuore pulsante di questo sistema chiuso che spesso collassa per alcune nostre scelte sbagliate o, come spesso accade, per l'eccessivo accanimento contro un sistema che il più delle volte è sbagliato già nella sua primissima fase di creazione.
Ma per filtrazione non mi riferisco solo al filtro vero e proprio, interno od esterno che sia, ma a tutta la parte biologica presente in acquario in grado di trasformare gli inquinanti (essenzialmente ammoniaca, nitriti e nitrati) in sostanze più tollerabili nell’ambiente.
Spesso si sente nominare il cosidetto “ciclo dell’azoto”, processo fondamentale che permette all’acqua di continuare ad essere la "casa ideale" seppur artificiale, per pesci, piante e batteri che vi si riproducono svolgendo le loro funzioni vitali.

Non vi è cosa più utile dunque di lasciar maturare nel tempo l’acquario, osservandolo e facendo in modo che in esso si stabilisca un primo equilibrio fra popolazione batterica, piante e valori chimici e fisici dell’acqua, anche se tutto questo ci porta a dover attendere settimane e settimane prima di poter introdurre i tanto attesi e desiderati ospiti. Da questo acquario in poi non ho più fatto utilizzo di attivatori batterici o altre "diavolerie" commerciali che potessero influire sul sistema, ho preferito aspettare i tempi giusti ed osservare l'ambiente, provando a controllare di tanto in tanto i valori degli inquinanti.

Nel processo di maturazione di un acquario possiam riscontrare tre fasi correlate: la prima detta di “latenza” caratterizzata da un ambiente appena avviato, con fondo, rocce, legni ed acqua ancora “sterili”, momentaneamente o meglio apparentemente privo di vita; non passa molto tempo perché s’innesti la fase “esponenziale”, dove con l’introduzione delle piante, o di qualisasi altro materiale organico in decomposizione, come foglie secche o ramoscelli si avvia il ciclo dell’azoto. La materia organica presente in decomposizione diventa il sostentamento per i batteri che inizieranno così a moltiplicarsi esponenzialmente, originando la cosidetta flocculazione batterica. L’acqua comincerà a diventare lattiginosa, legni e piante potrebbero essere circondati da colonie di batteri, fino a quando gli stessi troveranno insediamento nel filtro, nel fondo, tra le radici delle piante ed anche in minima parte liberi in sospensione nell’acqua.
Questa fase è molto importante, perché in essa si origina il ciclo di trasformazione degli inquinanti in composti meno tossici per gli organismi, anche se ovviamente vi è un limite di tollerabilità (nitriti, nitrati, fosfati), oltre il quale tutto l’equilibrio potrebbe venir compromesso.
Arriviamo dunque alla fase finale detta anche stazionaria, dove si è stabilito un equilibrio che rimarrà altresì soggetto a possibili rotture, se la conduzione dell'acquario sarà sbagliata. In questa prima fase si è soliti suggerire (o perlomeno sarebbe ideale suggerire) di introdurre pochi pesci per volta nel tentativo di evitare che il carico organico diventi eccessivo e che i batteri non riescano a trasformare nitriti in nitrati. A questa possibilità alcuni provvedono con regolari cambi d’acqua, altri si limitano a ripristinare quella evaporata, in questa mia avventura ho seguito la seconda tipologia di gestione, complice anche il fatto che in questo acquario le piante hanno ricoperto un ruolo primario, a discapito (anche se poi non sarà affatto così) dei pochi pesci presenti.
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In foto si nota come abitualmente dispongo i diversi materiali all'interno di un filtro esterno, in questo caso l'onnipresente Askoll Pratiko 200, che si è rivelato anche questa volta un valido compromesso tra qualità e funzionalità. Nei primi due cestelli ho fatto in modo che bioballs, cannolicchi e spugna creassero liberi passaggi all'acqua, evitando che il filtro potesse intasarsi nel lungo periodo. Solamente il cestello superiore l'ho riempito esclusivamente di cannolicchi, tanto avrei potuto ispezionarlo velocemente e con estrema con facilità senza "toccare" l'intero filtro.
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Dopo circa un anno e mezzo il filtro si presentò così, ricco di fanghi e materiale organico, ma perfettamente funzionante e senza alcun intasamento.

Il fondo.

Osservando i canali di scolo e quelli di più ampia portata attorno a casa mia ho notato che il fondo è pressochè formato da fanghiglia mista a sassi, foglie secche in macerazione e rami o radici di albero che fuoriescono dalla terra in prossimità delle sponde, inoltre è inevitabile trovare la classica vegetazione palustre per lo più caratterizzata da canneti e dauna miriade di arbusti o erbe che costeggiano il canale.

La scelta del fondo da utilizzare in Stonemani è stata una delle parti che più mi ha occupato nelle ricerche. Leggendo nei forum ed in tante riviste specializzate, trovavo sempre una miriade di soluzioni diverse, valide per una tipologia di acquario piuttosto che per un'altra.
Sin dall’inizio mi sono prefissato di raggiungere due scopi principali: la volontà di creare un fondo che in qualche modo possa emulare un caratteristico e naturale letto di fiume formato da sabbie, materiali organici come rami e foglie, presenza di limo e quant’altro possa incidere chimicamente con i valori dell’acqua, e quello di creare un substrato che potesse offrire supporto ai batteri nel ciclo dell’azoto ed alle piante per la loro radicazione, non dimenticando di scegliere una sabbia adatta anche per i pesci inseriti.
Ho lasciato perdere prodotti commerciali troppo uniformi, non ho utilizzato sabbie colorate o terre particolari, ma semplice sabbia di fiume a granulometria fine, di colorazione grigio-ambra, non calcarea, alla quale ho mischiato sullo strato superficiale altri materiali che comunemente possiamo trovare in natura. Foglie di pioppo spezzettate ed integre vengono dunque adagiate sul fondo in modo casuale come fossero trasportate dalla corrente del fiume.
Per tutta la durata di vita dell'acquario non ho praticamente quasi mai sifonato il fondo, lasciando che le particelle di legno sfaldato proveniente dalla radice e dal ramo cadessero sul fondo e creassero, a mio avviso, un effetto davvero molto realistico.

Il fondo creato si suddivide in più strati, e diversi sono stati i materiali utilizzati, sicuramente la voglia di sperimentarne alcuni mai provati fino a quel momento mi ha fatto prendere la mano.
Uno dei prodotti che mi ha incuriosito e che, nonostante abbia avuto qualche difficoltà nel reperirlo, sono riuscito a sperimentare in questo acquario è la vermiculite. 
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La vermiculite mi è stata regalata da un caro amico esperto in botanica che, possedendo alcune serre per la coltivazione di piante da orto e cactacee, ne disponeva in abbondanza. Ho preso due chili di prodotto, ma ne ho utilizzato circa la metà, perché conoscendo poco su questo materiale avevo paura di esagerare. Si tratta di vermiculite per uso agrario, perché volendo sarebbe possibile utilizzare anche quella edilizia. Quest'ultima però ha caratteristiche leggermente diverse, infatti oltre a contenere alcune impurità, vista la destinazione d’uso, è anche commercializzata in quantità esagerate se rapportate alla bisogno per uso acquariofilo, in commercio si trovano sacchi da 100 o 200 litri con una granulometria piuttosto grossolana.
Tecnicamente questo minerale si trova in commercio non nelle sue caratteristiche originali ma in forma espansa, ottenuta tramite un processo industriale di cottura ad alte temperature. Appartiene alla famiglia delle miche, è chimicamente inerte, ed è esente da patogeni oltre che inalterabile nel tempo. Tramite il procedimento termico questo materiale acquista un’eccezionale porosità e proprietà molto interessanti, infatti ha la capacità di rilasciare lentamente e nelle dosi richieste cariche ioniche importantissime per la crescita delle piante, quali manganese, ferro, calcio, potassio, ecc. 

Quindi la mia attenzione è stata quella di creare un fondo che permettesse un ricircolo dell’acqua, evitando la possibilità che in esso si formino zone prive di ossigeno; cercando di agevolare la possibilità di metabolizzare i composti organici da parte delle piante attraverso le loro radici grazie anche all’ausilio di questo materiale che, fungendo da spugna, assorbe acqua e nutrienti in eccesso per poi rilasciarli gradualmente ove e quando ce ne sia carenza.
Ovviamente tutto questo per me è stato, fino a quel punto, solamente pura teoria, non essendo io né un chimico, né un esperto in botanica, ma i risultati davvero incoraggianti si sono rivelati molto positivi nel lungo periodo.
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Lo strato superficiale è quello al quale ho posto maggior attenzione, infatti rappresenta la zona di collegamento tra ciò che avviene sotto e ciò che avviene sopra di esso all’interno di questo ambiente chiuso che è l’acquario. Ho fatto in modo che lo strato di sabbia fosse irregolare ma allo stesso tempo non esageratamente alto. Lo spessore va dai 3 ai 5 cm circa. 

Lo strato intermedio invece, fa da zona di scambio tra la superficie (sabbia ed altri materiali) e la zona inferiore. Non avrei quindi potuto utilizzare un materiale funzionale a tale scopo migliore del lapillo lavico, estremamente poroso ed irregolare.

Lo strato inferiore è quello che ho voluto in qualche modo sperimentare, utilizzando appunto la vermiculite miscelata ad un fondo attivo, e sperando che esso cedesse lentamente le quantità richieste di nutrienti alle piante ed a tutto il sistema biologico presente. La quantità di fondo fertile inserito è stato pari ad un terzo del secchiello acquistato (circa 2 kg), quindi se con il totale avrei potuto fertilizzare un acquario da circa 120 litri come indicato, io ne ho utilizzata una quantità necessaria per un acquario da circa 40 litri. 
La quantità di vermiculite utilizzata è stata pari ad un kg, miscelata al fondo attivo.
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In foto si notano i primi due strati del fondo i quali verranno poi successivamente coperti dalla sabbia fine di fiume di color ambra/grigio.
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Si nota un particolare del fondo nell'acquario da poco avviato, ed in quello scatto fotografico speravo che col tempo e con il depositarsi dei materiali organici, il risultato possa essere simile alla foto seguente, ovvero ricordare il letto di un piccolo rigagnolo o canale di comunicazione tra diversi tratti di fiume.
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I meccanismi di scambio tra i vari materiali fertilizzanti e minerali all'interno dell'acquario suppongo abbiano fatto in modo che gli elementi venissero rilasciati gradualmente; non ho effettuato un test del ferro presente disciolto in acqua, quindi questa mia prova prendendo in considerazione questo elemento è certamente basata solo sugli importanti ed evidenti risultati di crescita delle piante sommerse ed emerse. Tengo a precisare che non ho cambiato o aggiunto alcun fondo attivo in quasi tre anni di vita dell'acquario. Ho dovuto invece potare molto e togliere alcune piante diventate troppo grandi ed invadenti. Non ho utilizzato poi alcun fertilizzante liquido, e ciò mi ha sorpreso in special modo per quanto riguarda le piante emerse e galleggianti, che propriamente assimilano i composti necessari alla crescita tramite le loro radici libere in acqua.

Sicuramente effettuando precisi test su Ph, nitrati e fosfati (tramite un negozio amico specializzato) ho constatato che questi valori si sono tenuti sempre molto bassi o stabili, segno che la vermiculite come materiale absorbente si è rivelato in questo preciso caso molto affidabile, a differenza di altri materiali i quali hanno, per esperienze di amici acquariofili, creato problemi nel ph e nelle quantità di sostanze inquinanti, come ad esempio alcune tipologie di akadama.

Il legni e le radici.

Tutto il mio progetto è nato da un'immagine rubata alla natura durante una delle mie tante passeggiate nella campagna attorno a casa.
Un ramo spezzato dal suo peso o dal vento si colloca a metà tra il mondo acquatico e quello terrestre, dove una fitta schiera di organismi, più o meno sviluppati, è intenta a colonizzare sia lo spazio attorno che sopra ad esso.

La radice, che purtroppo non ho certezza di quale essenza sia, l'ho trovata vicino a casa ed i restanti rami e rametti li ho prelevati nei fossati e nei campi vicini.  Dapprima li ho puliti velocemente con una spazzola sotto un forte getto di una fontana per eliminare parti molli, spezzate ed il fango presente; successivamente li ho adagiati in una grossa tinozza disposta in giardino, non a diretto contatto con la luce solare. Nei primi dieci giorni ho cambiato un paio di volte l’acqua che si presentava di un forte colore ambrato. Già in quella situazione incominciavo a pensare a come disporli in acquario per rendere il paesaggio il più verosimile possibile, dopotutto nella mia visione il ramo doveva essersi semplicemente spezzato ed essere caduto in acqua, ma in acquario avrei dovuto fare i conti con lo spazio disponibile. Legno, radice e rametti rimasero per circa un mese in quella tinozza.
Dopodiché li tolsi e li misi a contatto con il forte getto della fontana, per un paio di giorni.
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La grossa radice è stata modellata e sistemata in modo da poter entrare innanzitutto in acquario e rimanere ben salda al fondo, ma per far ciò sistemai sopra di essa una grossa pietra non calcarea, coperta in seguito con dei muschi prelevati dalla solita fontana fronte casa.
I restanti rami li ho disposti in modo da creare ulteriori ramificazioni ed uno l'ho sistemato sul fondo, simulando un ramo depositato.
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In foto si nota come sia stata disposta la radice, in modo da creare una zona centrale "nascosta" alla luce ed un supporto superiore per le piante emerse e per il muschio.

Zone di luce ed ombra in acquario.

Uno dei principali obbiettivi che mi sono prefissato è stato quello di creare il maggior numero di zone con caratteristiche diverse, ed alternare punti d'ombra a punti illuminati. In acquario non volevo che si arrivasse ad avere un ambiente piatto ed uniforme. 
Oltre a creare tre zone distinte, che abitualmente possiamo trovare in natura ed in altri acquari, ho fatto in modo che all'interno di esse siano riconoscibili specifici punti di richiamo per gli inquilini e sistemazioni adeguate per piante con esigenze diverse.
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In foto si notano le tre zone delle quali ho fatto riferimento poco sopra.
Parte superiore: zona decisamente esposta alla luce, dove trovano sistemazione le piante emerse, i muschi e quelle galleggianti.
Parte centrale: luogo di nuoto libero per il gruppo di pesci inserito, intervallato da rami e radici delle piante emerse e galleggianti.
Parte inferiore: il fondo, sede delle piante che radicano sul letto del fiume e di una miriade di organismi e materiali organici depositatisi.
Particolarmente interessante è stato osservare come il gruppo di pesci inseriti prediligessero le zone d'ombra, in particolare di come amassero nuotare passando dalla zona centrale buia a quelle laterali, toccando spesso anche le zone anteriori vicino al fondo. 
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In queste due foto una visione in negativo dell'ambiente con la quale si riescono a carpire maggiormente la disposizione delle zone in ombra.

La parte viva: le piante.

La vegetazione in acquario assume sicuramente un ruolo importantissimo, non solo esteticamente ma anche e soprattutto dal punto di vista chimico, rendendo l’ambiente sicuramente più gestibile.
Le piante non solo assimilano in parte sostanze che, se presenti in alte concentrazioni, possono rendere difficoltosa la vita degli ospiti in acquario, in particolare nitrati e fosfati, ma forniscono anche zone d’ombra e nascondigli per i pesci che, in alcune situazioni, necessitano di maggiore sicurezza.
Da qui la necessità di scegliere piante che possano convivere egregiamente in acquario soprattutto in base alla loro posizione nell’ambiente e ai valori chimico/fisici presenti.
Da alcuni mesi l’utilizzo di alcune piante in altre vasche, ha fatto sì che prendessi la decisione di utilizzarle anche in questo, ma con una evidente variante: l’acquario era aperto.

Scindapsus Aureus (Photos Aureus)

Tipica pianta d’appartamento, di origine asiatica, ormai diffusa in tutto il pianeta, molto resistente ed adattabile. Sicuramente decorativa ed a seguito di alcuni studi è risultata essere anche una delle piante con maggiori capacità di purificazione dell’aria in ambienti chiusi.
Da molto tempo utilizzata in acquariofilia come emersa, molto spesso la troviamo nei paludari o acquari aperti. Credo però che la migliore qualità di questa pianta sia quella di assorbire grosse quantità di nitrati e fosfati contribuendo così a mantenere un equilibrio in acquario ed a limitare il possibile sviluppo di alghe.
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Acquistai il Photos come classica pianta in vaso, dopo averlo tolto dallo stesso ed averlo lavato delicatamente per togliere la terra intrisa, tagliai obliquamente gli ultimi 2 cm di radici per permettere già da subito alla pianta un veloce assorbimento dei nutrienti (questa pratica viene seguita anche per le piante che vengono sistemate sul fondo per permettere appunto un maggior attechimento delle stesse al terreno). Produssi diverse talee, semplicemente tagliando alcune porzioni degli steli e le sistemai in un contenitore pieno d'acqua. Questa pianta predilige temperature che si aggirano attorno ai 20 gradi pertanto anche per questo motivo scelsi di non immergerla direttamente in acquario, dove l'acqua a circa 25/26 gradi e soprattutto la vicinanza alle lampade al neon avrebbero forse potuto creare qualche problema iniziale di adattamento alle nuove talee.
Rimaste per un paio di settimane, avevano già prolungato le piccole radicelle presenti negli internodi dello stelo e prodotto nuove foglioline agli apici.
Il colore di questa pianta è esteticamente molto bello, un verde pieno con alcune screziature di giallo, particolarmente presenti se la pianta riceve molta luce, anche se è preferibile, come succede per moltissime altre, non lasciarle ai raggi diretti del sole.
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Le ho dunque sistemate in acquario, facendo largo uso del piano d'appoggio creato con le radici e dei bordi in vetro della vasca. Ho fatto in modo che le foglie e gli steli non fossero esageratamente vicini ai neon e periodicamente con uno spruzzino ho vaporizzato le foglie emerse recando non indifferenti benefici alla pianta.
Dopo alcune settimane la matassa di radici che il Pothos aveva generato in acquario era davvero straordinaria, soprattutto nella zona in prossimità della grossa radice e del vetro posteriore, ed osservando alcune foto di ambienti naturali subacquei avevo davvero l'impressione di osservare un mondo tanto familiare a pesci e molti altri organismi acquatici. 
Nel lungo periodo però, è stato necessario contenere l'enorme apparato radicale libero in acqua, perché altrimenti avrebbe coperto gran parte del fondo, delle altre piante presenti ed avrebbe ridotto di molto lo spazio vitale dei pesci.

Il taglio delle radici o la riduzione degli steli non andrebbe eseguito direttamente in vasca, perché sembra che queste piante secernono dei liquidi che possono risultare tossici per gli ospiti in acquario. Quando necessario ho sollevato e tolto pian piano le diverse parti della pianta ed ho cominciato a ridurne l'estensione, una volta finita l'operazione le ho sciacquate e lasciate in un altro vaso per un giorno. Successivamente le ho sciacquate nuovamente e le ho rimesse in acquario. Diversi mesi dopo, ho anche sostituito alcuni steli troppo grandi con alcuni più adatti alla vasca.

Ceratophyllum Demersum

Il Ceratofillo è probabilmente la pianta che più mi ha sorpreso in questo acquario, sia per la sua velocissima crescita, sia perché prosperando così bene ha sicuramente contribuito assieme al Photos ed al filtro a mantenere bassi i nitrati in vasca. In natura forma lungo i corsi d’acqua folte praterie sommerse, prediligendo acque tranquille, stagnanti o a corrente lenta, come fossi, stagni, laghi ma anche piccole anse di fiumi.
In natura la si può trovare a profondità variabili tra il mezzo metro e i dieci metri, soprattutto in acque ricche di sostanze nutritive.
D'aspetto potrebbe sembrare una pianta piuttosto fragile, invece è davvero adattabile e rustica. Può crescere sia ancorata al fondo, sia galleggiante, in questo ricorda molto la Cabomba acquatica, non avendo la necessità di essere interrata nel substrato, perché assume liberamente il nutrimento dalle radicette aeree presenti in prossimità degli internodi.
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Le foglie sono di colore verde scuro possono diventare rossastre se la pianta cresce esposta a forte contatto con la luce. Produce dei fiorellini poco appariscenti di color biancastro, posti alla base dei verticelli fogliari. E' stata utilizzata anche in altri acquari, ma in questo, ho osservato che la pianta raddoppiava la sua lunghezza ed il volume in vasca circa ogni settimana, riuscendo a coprire almeno il 50% della superficie della vasca.
Ogni settimana ho così dovuto dimezzare la quantità di Ceratofillo presente, ed il surplus l'ho regalato agli amici oppure l'ho buttato.

Muschi

La parte emersa in questo acquario ha visto il susseguirsi di alcune prove impiegando diverse piante emerse, in particolar modo un tentativo di simulazione di un ambiente naturale che ho voluto effettuare è stato l'inserimento di muschi in superficie.
Appartengono ad un gruppo di piante davvero numeroso, più di ventimila, e si adattano a situazioni molto differenti. Possiedono un apparato radicale che ha lo scopo di ancorarle ad una superficie mentre la vera e propria assimilazione dei nutrienti e dell'acqua avviene tramite capillarità e le loro particolari foglie. Ho così prelevato alcune porzioni di muschio dalla fontana davanti a casa. In quella situazione una parte di esso si trovava immerso in acqua, un'altra veniva invece solamente lambita da essa. Scelsi questi ultimi perché all'interno della fontana la temperatura dell'acqua, anche nel periodo estivo, è sempre molto bassa, di conseguenza lo shock termico che il muschio avrebbe riscontrato in acquario sarebbe stato troppo forte.
Purtroppo questo non è bastato, almeno inizialmente, perché una volta sistemato ha trovato condizioni radicalmente diverse da quelle precedenti, soprattutto una minor umidità ed una troppa vicinanza alle lampade. 
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Dopo alcuni giorni infatti ha cominciato a seccarsi lentamente, nonostante io vaporizzassi con uno spruzzino un paio di volte al giorno. Nella foto sopra è ben evidente il color giallo del muschio sistemato al centro. Evidentemente col tempo la pianta è riuscita però ad accettare e ad adattarsi alle nuove condizioni ambientali disponibili, dopo il pesante shock iniziale, ed a riprendersi.
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In foto è evidente come il muschio abbia "ripreso" colore.

Cryptocoryne

Le Cryptocoryne provengono dall'Asia sudorientale e meridionale e sono tra le piante più utilizzate in acquario, per diverse motivazioni.  
Personalmente quelle da me utilizzate le ho trovate molto resistenti ed adattabili ed esteticamente molto belle.
In acquario ho sistemato diverse "Willisi" dal fogliame di colore verde intenso, dimensioni contenute e un paio di "Wendtii brown" davvero molto belle e di dimensioni maggiori alle precedenti.
Queste piante creano un apparato radicale davvero notevole, infatti mi è capitato un paio di volte di volerne spostare una, purtroppo ho dovuto alzare un considerevole polverone perché le radici avevano raggiunto una distanza considerevole rispetto alla posizione della pianta. Esse si moltiplicano generando stoloni dai quali nascono altre piantine e spesso accade che i "figli" si trovano al lato opposto della vasca.
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Sono piante non molto esigenti nella richiesta di luce, tant'è che la maggior parte di esse l'ho sistemata in zone d'ombra creata dalle piante soprastanti o dalla grossa radice centrale. Nessuna di esse ha mai dato segni di sofferenza.
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Credo che le Cryptocoryne abbiano giovato, più di ogni altra pianta presente in acquario, del fondo creato con vermiculite, pietra lavica e fertilizzante. 
Nel tempo hanno creato un formidabile susseguirsi di cespugli e foglie davvero piacevole alla vista. 

Ceratopteris Thalictroides

Comunemente conosciuta come felce acquatica, la Ceratopteris conta su una distribuzione geografica davvero vasta, si trova infatti in Asia tropicale, Africa e nel continente americano.
Questa pianta non ha particolari esigenze, si adatta facilmente in acquario con l'unica accortezza di preservarle una zona luminosa, altrimenti tenderà ad ingiallire e marcire. Mi sento di sottolineare la sua bellezza ed il suo portamento, inoltre può essere tenuta sia come galleggiante, sia radicata sul fondo. 
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Possiede spiccate doti di ripresa, se per un motivo dovesse soffrire condizioni negative per un certo periodo, dopo breve tempo riprende le sue funzioni e si rigenera. Dalle parti in marcescenza possono nascere infatti alcune piantine avventizie, che una volta indipendenti possono essere staccate dalla foglia e crescere sole, l'importante è che abbiano sviluppato le loro piccole radici. La sua colorazione è di un verde intenso e l'apparato radicale è molto coreografico se coltivata come galleggiante.
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Echinodorus Cordifolius

Pianta proveniente dal Messico e da alcune zone del nord America è certamente molto bella esteticamente, ed appartiene ad una delle famiglie più conosciute e diffuse in acquariofilia.
Si adatta molto facilmente a valori medi di ph, gh e kh, e cresce sia in una zona con molta luce, sia in zone penalizzate, ovviamente in questa seconda ipotesi non darà il meglio di sé. Nel mio caso è stata disposta in una zona abbastanza illuminata della vasca, ma in seguito, con la crescita esponenziale delle piante emerse e galleggianti, ha dovuto adattarsi alle nuove condizioni.
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In acquario ne ho sistemate diverse, una in particolare però disposta in un angolo della vasca è cresciuta davvero molto, arrivando a lambire la superficie.
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Altre piante.

In fase d'avvio ho inserito altre piante che hanno trovato una sistemazione temporanea, e che sono state prelevate e spostate altrove nel tempo. 
Si tratta di una Anubias Bartheri ed di un Echinodorus Bleheri.
Piante molto diffuse nel mondo dell'acquariofilia per la loro continua disponibilità nei negozi e soprattutto per la loro particolare bellezza e robustezza.

La parte viva: i pesci.

E' mia convinzione, ma credo di quasi tutti gli acquariofili, che un acquario incrementi decisamente il suo fascino quando al suo interno si comincia a vedere la vita in movimento ovvero i pesci o gli invertebrati che abbiamo magari atteso da diverse settimane e che gradualmente inseriremo nel nuovo ambiente. Ma è un'altra mia convinzione, del tutto personale, che ammirare un acquario dove non ci sia uno spropositato numero di coinquilini sia molto più appagante del contrario, e non mi riferisco per forza di cose al classico fritto misto, ma proprio al numero di esseri viventi inseriti in proporzione alla grandezza della vasca, anche se dovessero vivere in buone condizioni e tutto fosse condotto al meglio. 
Nel corso della vita di questo acquario da circa 100 litri netti pochi, anzi, pochissimi sono stati i pesci da me inseriti, arrivando ad un massimo di 15 soggetti e si è trattato di pesci di piccole dimensioni che vivono in gruppo.

Petitella Georgiae

Petitella Georgiae è un pesce davvero interessante sia dal punto di vista estetico, sia da quello comportamentale.
In Stonemani sono stati gli inquilini principali per tutta la vita della vasca. Dopo un mese o poco più dall'avvio dell'acquario ho inserito  un gruppo di 12 esemplari, facendo in modo che si acclimatassero gradualmente, utilizzando la collaudata tecnica del sacchettino immerso al quale viene aggiunta volta per volta un po' d'acqua dell'acquario.
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Ritengo siano pesci molto interessanti esteticamente, hanno una colorazione grigiastra del corpo e la pinna caudale con le riconoscibili striscette nere e bianche. Una chiazza di colore rosso intenso sulla testa, attorno all'occhio, gli permette in natura di localizzarsi nelle acque torbide in uno dei tanti luoghi presenti in Amazzonia, dove questo grazioso pesce vive. Il suo corpo è affusolato e stretto ai lati, per permettergli un nuoto agevole, e la sua lunghezza massima si attesta sui 5/6 cm. 
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Dal punto di vista comportamentale invece trovo sia un eccezionale pesce da "gruppo", definizione che si attribuisce a quelle tipologie di pesci che tendono a vivere socialmente in gruppo, in natura come in acquario. 
Agevolati forse da una particolare disposizione dell'ambiente, li ho osservati centinaia di volte sfrecciare da una zona della vasca all'altra all'unisono, passando tra le radici di Photos e le foglie delle Cryptocoryne. Il punto più suggestivo del loro transitare era sicuramente la parte centrale, quella in ombra, dove la loro macchia di rosso sulla testa brillava quasi fosse fosforescente, davvero un bello spettacolo.
Li ho trovati non particolarmente esigenti dal punto di vista alimentare, anche se al cibo secco, in scaglie o in granuli, ho sempre affiancato cibo vivo trovato in giardino, come larve di zanzara o moscerini dell'uva oppure surgelato acquistato in negozio, in special modo i Chironomus.
L'unica pecca, se così vogliamo definirla, è che non sono mai riuscito a fotografare decentemente l'intero gruppo, soprattutto durante il loro passaggio da un punto all'altro. Le Petitelle sono pesci davvero veloci ed agili nei loro spostamenti.

Farlowella Acus

Pesce estremamente particolare, soprattutto per la forma, perché per quanto riguarda il suo comportamento e la sua alimentazione ricorda molto altri pesci "pulitori" come l'Ancistrus o gli Otocinclus.
Proviene dalla regioni alluvionali del vastissimo territorio del Rio delle Amazzoni e del Rio della Plata.
La sua forma è molto curiosa, è piuttosto allungato e possiede, come molti altri loricaridi, la caratteristica bocca a ventosa con la quale rimane "attaccato" alle superfici che trova in acquario siano esse sassi, radici, rami, foglie e come spesso mi è capitato di vedere, i vetri stessi della vasca. Possiede una colorazione grigiastra, una lunga pinna caudale che termina con un piccolo aculeo. Raggiunge in acquario i 10/15 cm, ma in natura li può superare ampiamente.
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La Farlowella è un pesce piuttosto timido, ama nascondersi e l'intimità ed è più attivo con il buio. In Stonemani, la presenza di ampie zone d'ombra, hanno fatto sì che potessi osservarlo spesso anche con le luci accese.
La sua alimentazione si basa sulle alghe che trova in natura e dei microscopici organismi in esse presenti. Anche in acquario si ciba di alghe, se ne trova, e di mangimi in scaglie, oppure come spesso ho fatto, di verdure sbollentate e triturate lasciate cadere sul fondo. Come per molti altri pulitori, il momento più utile per dar loro il cibo è poco dopo che si spengano le luci, permettendo al pesce di cibarsi con tranquillità.

Discus: ospiti temporanei, inattesi ma molto graditi.

A seguito di un problema legato al sovraffollamento di una vasca di un caro amico, fui praticamente costretto a tenere in custodia per un breve periodo, circa tre settimane, tre piccoli Discus. 
Questo fatto avvenne nella fase finale di vita dell'acquario, e dovendo ospitare questi pesci fu indispensabile effettuare un paio di misurazioni (nitrati e ph) e portare la temperatura da 26 a 29 gradi. 
Accertati i valori di nitrato che continuavano ad essere prossimi allo 0 ed un ph intorno al 6,5 decisi di portare in 4 giorni la temperatura a 29 gradi. 
Mi resi conto che si trattava di un breve lasso di tempo per modificare i valori ma i Discus avevano urgenza di essere spostati.
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Durante le settimane di presenza in vasca i tre piccoli Discus si sono dimostrati attivi e non troppo problematici dal punto di vista alimentare.
Sono stati alimentati con del cibo surgelato (chironomus ed artemie) ed un pastone confezionato dal proprietario. Essi hanno invece evitato inizialmente il granulare, accettato in seguito alla terza settimana di permanenza, dopo innumerevoli tentativi con diverse marche.
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Nella foto i Discus appena introdotti e questo in particolare si è dimostrato inizialmente piuttosto timido ed impaurito, poco dopo fortunatamente, si sono ambientati tutti e tre.

La parte viva: gli invertebrati.

In Stonemani hanno avuto un discreto "successo" anche alcune lumachine, molto probabilmente inserite con le stesse piante, chissà magari tra le loro radici si erano ben nascoste oppure potevano esserci state le loro uova. Ad ogni modo non posso che confermare il fatto che in acquario un adeguato numero di questi piccoli invertebrati non può che essere utile ed a mio avviso molto interessante da osservare.

Physa e Planorbis

Dalle descrizioni trovate in diversi siti e forum credo che le lumache presenti in acquario possano essere ricondotte a queste due famiglie: Physa e Planorbis. In particolar modo le ultime si sono riprodotte con successo, usufruendo della grande radice e delle tante piante galleggianti. Ma di sovente le ho trovate anche sui vetri ed è stato davvero curioso osservarle mentre percorrevano dal basso verso l'alto e viceversa tutta l'altezza della vasca. 
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Questi invertebrati svolgono funzioni non indifferenti che contribuiscono al mantenimento dell'equilibrio in vasca. Smuovono il fondo permettendo una maggiore areazione dello stesso e si cibano dei resti di mangime depositati, oltre alle alghe presenti sui vetri e sulle foglie. 
Un aspetto che potrebbe diventare un problema nel lungo periodo riguarda la loro estrema velocità e facilità nel riprodursi, anche se debbo dire che in Stonemani non ho mai riscontrato un eccessivo problema di questo tipo. Mi bastava diminuire la popolazione di tanto in tanto, solitamente con la potatura delle piante a crescita veloce per far sì che non invadessero la vasca. 

L'acquario e la sua evoluzione nel tempo.

L'allestimento e la nascita di un acquario sono momenti carichi di emozioni. Pensare a come disporre le piante ed avere un primo iniziale risultato possono incrementare il nostro entusiasmo, ma possono anche portarci una serie di dubbi e indecisioni su come far procedere la nostra avventura.
Inizialmente questo acquario non ha soddisfatto al 100% le mie aspettative, sinceramente ciò che non mi riusciva a convincere pienamente è stata da subito la parte superiore, la troncatura della radice e la disposizione di alcune piante, in particolare la Ceratopteris. Poi ho pensato che l'acquario avrebbe avuto bisogno di tempo, anche molto, per evolversi, e quindi la presi come una sfida personale. Volevo lasciar fare alle piante, piuttosto che manipolare l'ambiente a mio totale piacimento.  
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La vasca alla sua nascita si presentava come in foto, nella sua prima versione "chiusa". 

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Le piante avrebbero dunque dovuto fare un grande passo avanti e compiere un mezzo miracolo per rendere bello e soddisfacente questo acquario, anzi forse ho sbagliato i termini utilizzati, non bello ma piuttosto"naturale".
Con il passare delle settimane e poi dei mesi la crescita e la maturazione della vegetazione acquatica trasformò questa vasca artefatta in un ambiente che mi ha continuamente affascinato, per la sua naturale disposizione. Ricordo che a volte seduto a terra rimanevo fermo ad osservarlo distraendomi da tutto ciò che mi stava attorno, incantato da quella natura seminascosta e dai suoi abitanti poco presenti ma molto ben integrati.
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L'evoluzione dell'acquario Stonemani è possibile suddividerla in tre fasi: la prima corrisponde alla sua nascita ed all'iniziale crescita delle piante. 
Nella clipboard sopra si notano le Cryptocoryne in crescita, ed il fondo ancora privo di materiale organico depositato, fatta eccezione per qualche rametto o foglia. Al centro la Ceratopteris Thalictroides con il suo ampio apparato radicale.

L'acquario dapprima chiuso viene in seguito "aperto", dando la possibilità alle piante emerse di usufruire del maggior spazio a disposizione, inoltre vengono inseriti i muschi sulle rocce e sulla parte superficiale della grande radice.
Le Cryptocoryne hanno a disposizione un substrato ben fertilizzato e la cessione degli elementi "dovrebbe" essere garantita dal fondo attivo stesso e dalla vermiculite. Le radici delle piante in questa fase trovano spazio tra la sabbia ed il lapillo vulcanico per estendersi e fortificarsi. 
La radice, col passare delle settimane, comincia a rilasciare materiale organico che, depositandosi sul fondo, lo rende estremamente naturale, togliendogli quell'aspetto troppo uniforme e "patinato".
Seppure le lampade siano a 6500k, la luce in parte filtrata dalle piante in superficie e dai legni, e questi ultimi continuino a rilasciare tannini, l'acqua risulta mantenersi piuttosto chiara e limpida. La temperatura oscilla tra i 24 ed i 25 gradi. In questa iniziale fase di maturazione ed accrescimento della vasca, ma del resto come in tutta la vita di questo acquario, ho semplicemente rabboccato l'acqua evaporata con quella di osmosi, e si è trattato, a seconda della stagione, di circa un litro o due ogni due giorni. Difficile calcolare per me l'esatta quantità perché ci sono stati periodi nei quali ho volutamente tralasciato questa operazione per far in modo che il livello dell'acqua calasse naturalmente, salvo poi ripristinarlo gradualmente. 
Questa pratica è stata messa in atto per simulare ciò che spesso accade in natura, dove non tutto è così sempre perfetto ed automatico.
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La seconda fase vede una crescita esponenziale di tutta la vegetazione in acquario, in particolar modo delle Cryptocoryne Willisi e Wendtii, che formano quasi un prato di uno stupendo verde brillante, e delle piante galleggianti ed emerse, in particolar modo il Photos che, con le sue radici estremamente ramificate, crea un naturale groviglio "sospeso" a mezza vasca, meta abituale e nascondiglio di tutti gli abitanti presenti.
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In questa seconda fase di vita non sono stati apportati grossi cambiamenti. La temperatura è rimasta invariata (24/25 gradi), mentre i valori chimici dell'acqua si sono stabilizzati. In particolar modo nitriti assenti e nitrati davvero bassi, sempre attorno ai 5 mg/l, e ciò è sicuramente dovuto all'equilibrio tra folta vegetazione con piante a crescita rapida (Ceratofillo) ed emerse (Photos) e pochi pesci presenti. 
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I test, come nella primissima fase iniziale, sono stati effettuati tre volte al mese, perché in acquario avendo utilizzato materiali mai usati prima, volevo evitare che potessero in qualche modo influenzare l'equilibrio dei valori chimici.
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In queste foto che ritraggono alcuni scorci di acquario si possono notare in particolare le radici del Photos delle quali tanto ho scritto e le zone d'ombra.
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La terza fase di vita di questo acquario invece ha visto un graduale ma deciso cambiamento nel suo aspetto "visivo", perché da un certo punto in poi (a circa due anni dall'avvio della vasca) ho voluto non intervenire più in alcun modo, effettuando i soli rabbocchi d'acqua, evitando così di fertilizzare, e di potare le piante, fatta eccezione per il Photos, che ho dovuto sistemare in un paio di occasioni.
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Dopo un paio di mesi di "non curanza" (quindi dal suo avvio erano passati circa 26 mesi), l'acquario è diventato come in foto. 
Come si può vedere le piante hanno invaso gran parte dello spazio disponibile, ed i valori dei nitrati, già tendenzialmente bassi, si sono stabilizzati vicino allo 0. 

 
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Il fondo continua a mantenere grosse quantità di materiale organico in superficie, e la cosa non può che farmi piacere vista l'estrema similitudine con un fondo naturale, inoltre i pesci sembrano gradire molto questa sorta di fanghiglia sullo strato superiore.
Si nota ancora la ripresa del Ceratofillo, che assieme al Photos ha colonizzato la parte superiore, lasciando poco spazio al resto. 
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Credo che in questa fase, , non sarei stato in grado di contenere la crescita per più di una settimana.
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E' evidente come questa crescita casuale, quasi caotica abbia modificato, e anche di molto, il layout. Credo che sia esteticamente meno valido della precedente situazione, ma continuo a sostenere che questa tipologia di acquario, selvaggio, incolto e molto naturale, mi ha davvero coinvolto ed interessato per tutto il periodo di vita restante. 
A seguire un paio di foto dove vi mostro la vasca nel suo ultimo mese di vita.
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Oramai abbandonata a sé stessa, la vasca ha raggiunto uno stabile equilibrio e le piante hanno conquistato tutto l'ambiente, i pesci sono stati tolti con non poca fatica e donati ad un caro amico. Gli unici abitanti in questa foto presenti erano le lumachine che, contrariamente a quanto mi sarei aspettato, non hanno invaso l'intero acquario, ma si sono mantenute entro limiti di numero accettabili.
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Come già scritto più volte, questa esperienza mi ha coinvolto ed affascinato in tutta la sua durata. Ho imparato ad osservare l'acquario con maggiore accortezza, e ad ammirare il comportamento di un gruppetto di pesci. La definizione che ho voluto inserire nel titolo ovvero "la natura come fonte di ispirazione" è calzata a pennello, tant'è che non è stato l'acquario a doversi piegare alle mie esigenze, per quanto riguarda la disposizione delle piante, la cura, l'alimentazione, il comportamento dei pesci, i valori chimici, ma piuttosto, io ho dovuto adattarmi all'evoluzione dello stesso nel tempo, agendo di rado e con molta cautela. Il fondo stesso, ad esempio, è stato inizialmente creato dalle mie mani, ma nel tempo si è modificato secondo come la natura all'interno dell'acquario ha voluto che fosse.
Credo dunque di aver compiuto un piccolo passo avanti nella mia visione di acquario "naturale" e spero di aver iniziato un lungo ed ispirato periodo di prove e tentativi per raggiungere un risultato sempre più interessante, sia dal punto di vista estetico (ovviamente personale), che da quello tecnico e chimico.
Vorrei ringraziare Robin Somes ed il dottor Peter Handerson conosciuti grazie ad alcuni scambi di opinioni e foto presenti in questo interessante sito di acquariofilia: http://www.amazonian-fish.co.uk/weeblylink_new_window . 
Inoltre Roberto Nistri di http://www.natureaquarium.it/weeblylink_new_window per alcune preziose informazioni.
Vorrei poi aggiungere uno speciale ringraziamento ad una persona che ha significato molto per me, come acquariofilo curioso ed instancabile, 
ma soprattutto come amico sincero, disponibile ed ironico, che ha visto l'acquario e per il quale ha costruito e donato la plafoniera. 
A te caro Luca, sperando che tu possa continuare a guidare e proteggere da lassù le persone che ti porteranno sempre nel loro cuore. Grazie.
Articolo scritto da Stefano Florissi (Dabolox)
Tutte le foto, ad esclusione della prima e della settima, sono state realizzate da Stefano Florissi (Dabolox).
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